PALEOLITHIC ART MAGAZINE
EUROPA
ARTE E PALETNOLOGIA
Pietro Gaietto
Nella paletnologia l'arte sembra una figlia non desiderata.
L'arte è oggetto di scarsi studi e di scarsa divulgazione.
Nei libri di introduzione al Paleolitico la pagine dedicate all'arte variano dal 4% all' 8%.
Sull'arte non si fanno ricerche; quando si trova arte paleolitica avviene per caso.
I paletnologi si occupano delle origini degli utensili, ma NON si occupano delle origini dell'arte.
Neanche gli studiosi di arte paleolitica si occupano delle origini dell'arte.
Il problema delle origini dell'arte può essere risolto in breve tempo.
L'arte dovrà essere gestita dai paletnologi.
Il rimedio esiste.
PER QUALE MOTIVO L'ARTE NON INTERESSA I PALETNOLOGI ?
A questa domanda dovrebbero rispondere i paletnologi, ma i fatti dimostrano che l'interesse è veramente scarso.
I dipinti delle due grotte più importanti d'Europa sono stati scoperti, non da paletnologi, ma da dei ragazzi. Nel 1879 una bambina dodicenne scopri i dipinti della Grotta di Altamira. La grotta di Lescaux fu scoperta da due ragazzi nel 1940.
Sembra, comunque, che il disinteresse per l'arte nella scienza preceda la paletnologia.
L'opera "Antiquités celtiques et antédiluviennes", in cui Jacques Boucher de Perthes illustrava le sue scoperte di industrie e arte, fu presentata nel 1846 all'Académie des Sciences e pubblicata nel 1849, ma fu accolta da un generale scetticismo e suscitò quindi un'ampia discussione, nella quale furono coinvolti molti noti naturalisti (J. Prestwich, J. Evans, C. Lyell, H. Falconer, ecc.). Successivamente venne riconosciuta la validità di una parte delle industrie, ma non la validità dell'arte, che era costituita da sculture in selce.
Nella seconda metà dell'800 lo studio delle industrie ha fatto grandi progressi, in quanto oggetto di intense ricerche, al contrario dell'arte che non era un problema sentito dai paletnologi. Evidentemente i voluminosi trattati di Boucher de Perthes non li avevano neanche consultati.
Le prime scoperte di dipinti zoomorfi in grotta furono fatte da una bambina dodicenne, figlia di Marcelino de Santuola, un nobile spagnolo, che aveva iniziato a scavare il deposito maddaleniano della Grotta di Altamira, in Cantabria.
Nel 1879, dopo quattro anni dall'inizio degli scavi, la piccola Maria, che il padre aveva portato per la prima volta con sè, richiamò la sua attenzione sugli animali dipinti sulla volta della grotta proprio sopra la trincea.
Questo episodio deve fare riflettere. Santuola era un uomo colto che per quattro anni ha condotto scavi in grotta alla luce di lampade. Come si spiega che non sia mai riuscito a vedere i dipinti sulla volta ? L'unica spiegazione possibile è quella che chi non si pone il problema, non vede. Ma quando la sua bambina gli ha indicato i dipinti, il suo cervello ha iniziato a funzionare nella direzione dell'arte.
Il Santuola pubblicò la scoperta nel 1880, e anche se la sua interpretazione fu corretta, non venne accolta dalla scienza ufficiale, i cui rappresentanti non erano più dei naturalisti, che negarono l'arte, come al tempo di Boucher de Perthes, ma erano dei paletnologi.
Chi esaminò era impreparato ad accettare il fatto che, prodotti di alta maturità artistica e di grande perizia tecnica come quelli di Altamira, risalissero al Maddaleniano, tanto più che l'industria litica del Maddaleniano è la più "brutta" di tutto il Paleolitico superiore.
Il riconoscimento dei dipinti di Altamira la scienza ufficile lo diede dopo più di venti anni, tra il 1902 e il 1906, e dopo nuove scoperte di dipinti paleolitici avvenuti nelle grotte di Dordogna attorno al 1900.
Venti anni sono tanti. Non si può incolpare la scienza ufficiale, né giustificarla perchè deve essere prudente. Per Altamira il problema, a mio avviso, va cercato nell'indifferenza che i paletnologi avevano per l'arte. Questi paletnologi avrebbero potuto consultare dei tecnici (artisti o affrescatori) per capire se i dipinti di Altamira erano falsi oppure erano vecchi. Niente di tutto questo. Indifferenza totale. Come nel Medio evo, hanno messo le scoperte del Santuola in prigione e hanno gettato la chiave. Sono state le grotte di Dordogna ad aprire la porta di Altamira.
I naturalisti della prima metà dell'800 si occupano dell'uomo, ma non di arte. I paletnologi della seconda metà dell'800 si occupano della vita materiale dell'uomo paleolitico, dove il perno centrale dei loro studi sono le industrie, ma non si occupano di arte. Il '900 eredita questa tradizione di studi di "cultura materiale", e non di studi di arte.
Con i primi anni del '900 iniziano in modo intensivo le scoperte di dipinti in grotta, le scoperte di piccole sculture femminili (Veneri), e le scoperte di "Art mobilier" del Paleolitico superiore, che ovviamente devono essere studiate. A questo punto non si sa, se i paletnologi si fanno scappare l'occasione di studiare l'arte paleolitica perchè non gli interessa, o perchè sono impreparati, oppure perchè gli studiosi di arte (non paletnologi) se ne appropriano avendo già una base di competenza nel campo dell'arte in generale.
Gli studiosi d'arte sono sempre esistiti. Nella Grecia ellenistica avevano un'alta specializzazione. Ai tempi nostri lo studioso d'arte generalmente si occupa di storia dell'arte, con specializzazione in alcuni periodi e non in altri, e dove il tema centrale è il "bello", che dia "piacere" al pubblico a cui è rivolto il suo lavoro.
Per l'arte moderna e contemporanea, lo studioso d'arte si configura nel "critico d'arte", e chi ha maggior carisma diventa anche "ideologo".
Merito dei paletnologi (anzi uno dei tanti meriti) è stato quello di studiare l'evoluzione degli utensili dalle forme più antiche alle più recenti. Al contrario, gli studiosi di arte del Paleolitico superiore hanno impostato i loro studi con gli stessi concetti della storia dell'arte dei periodi storici, dove il termine "evoluzione" è assente.
Lo studio dell'arte del Paleolitico superiore è in una situazione di stallo, e viene ravvivato, di tanto in tanto, da qualche nuova opinione, che non si sa se sia credibile o meno; oppure da qualche nuova scoperta, oppure da qualche nuova datazione, ma lo studio scientifico non va avanti, come invece, va avanti lo studio delle industrie.
LE ORIGINI DELL'ARTE
Boucher de Perthes è stato il primo a cercare le origini dell'arte, ma non a cercare le origini dell'arte paleolitica, perchè non era ancora stata scoperta. Lui cercava l'arte dell'uomo antidiluviano.
Paolo Graziosi, noto studioso di arte, considerando che l'arte del Paleolitico superiore si presenta molto matura in ogni sua applicazione e varietà di stili, ipotizzò nel 1959 che doveva avere un'origine più antica da ricercarsi fuori dall'Europa. Probabilmente ha pensato a un'origine extra europea, in quanto in Europa non c'erano reperti, e forse, come fase precedente, intendeva il Paleolitico medio.
Le mie ricerche sono cominciate con presupposti diversi. Era il 1958 o 1959, avevo poco più di 20 anni, ero un grande innamorato dell'arte. Facevo sculture in ferro saldato. Ero nelle avanguardie dell'astrattismo di Genova, che in quegli anni era d'attualità. Da un paio d'anni avevo iniziato ad interessarmi di archeologia. Tutto solo, ero stato a visitare la grotta di Niaux, che allora era incustodita. Quei dipinti mi avevano affascinato. Fu così che decisi di cercare l'arte paleolitica in Liguria, in quanto non riuscivo a capacitarmi che ne fosse sprovvista.
Nelle grotte di Liguria non trovai né dipinti né incisioni. Sulle rocce non trovai incisioni. Trovai invece delle sculture litiche sulle montagne ai confini tra le provincie di Genova e Savona.
Erano sculture che raffiguravano teste umane, alcune erano bifronti. Il tipo prevalente era Homo sapiens neanderthalensis, così pensai che appartenessero al Paleolitico medio. Queste sculture, comunque, non erano all'origine dei dipinti zoomorfi del Paleolitico superiore francese, ma erano precedenti.
Alcune sculture di teste umane bifronti associavano una testa di Neanderthal a una di Sapiens sapiens, e questo testimoniava una convivenza dei due tipi umani. Altre sculture di teste di Homo sapiens sapiens, sempre reperite sui monti della Liguria, avevano una varietà di tipi con caratteristiche differenti tra loro e molto simili all'attuale umanità, e queste le collocai nel Paleolitico superiore. Vent'anni dopo Leslie Freeman, e altri paletnologi spagnoli, scoprivano nella Grotta di El Juyo (Santander, Spagna) una scultura con tipologia simile a quelle che avevo trovato, che raffigurava una testa umana unita ad una testa di felino, e datata a 14.000 anni.
Questo ritrovamento a El Juyo confermava la mia convinzione che in parallelo alle civiltà con pittura, in questo caso la civiltà maddaleniana, vi fossero altre civiltà con scultura (e senza pittura) in zone diverse.
Le sculture che ho trovato del Paleolitico medio si presentavano mature, sia per i soggetti umani raffigurati, sia per la composizione negli abbinamenti bifronti, sia per la tecnica di lavorazione; fu così che pensai che dovevano avere un'origine più antica. La mia ricerca allora si è spostata nei grandi giacimenti di superficie del Paleolitico inferiore.
Ho iniziato dal Gargano dove mi sono recato ogni estate per cinque anni, poi ho fatto in modo intensivo altri giacimenti italiani e francesi, e qualche sondaggio in Spagna e in Grecia.
In questi giacimenti ho trovato sculture antropomorfe e zoomorfe, anche bifronti, in selce, che ho attribuito all'Acheuleano e all'Abbevilliano. L'attribuzione culturale l'ho ottenuta confrontando la tecnica di lavorazione delle sculture con quella degli utensili litici, che sono tutti databili per tipologia, e anche con il grado di fluitazione che accomuna i manufatti più antichi. I tipi umani sono arcaici, e non ci sono raffigurazioni di Homo sapiens sapiens. Alcune di queste sculture hanno la testa con il corpo senza arti: quelle umane hanno il corpo in posizione verticale, quelle che raffigurano animali hanno il corpo in posizione orizzontale.
Di recente in Israele a Berehka Ram nell'Alto Golan è stata scoperta una scultura antropomorfa, simile a una Venere aurignaziana, e attribuita all'Acheuleano (studiata da Alexander Marshack, Francesco D'Errico e dalla Israel Prehistoric Society).
Anche la scultura abbevilliana, per quanto all'occhio profano possa apparire grossolana, mi era parsa abbastanza complessa, e allora ho cercato la sua origine nella fase culturale precedente che è la Pebble Culture.
I giacimenti all'aperto di Pebble Culture in Italia, sono rari, e presentano manufatti danneggiati da rotolamento, ma le sculture che ho trovato sono in buone condizioni.
Allo stato attuale delle mie ricerche nella Pebble Culture, la tipologia è solo una, ed è costituita dalla raffigurazione della testa umana, di un tipo molto arcaico, che sembra essere stato raffigurato senza mandibola.
Una scultura simile è stata reperita da Mary Leakey nella Gola di Olduvai, ed è stata datata a 1.700.000 anni.
Da parte mia il problema delle origini dell'arte è risolto in modo indicativo, in quanto, con la mia esperienza di oltre quaranta anni di ricerca, non credo si possano trovare tipologie molto diverse da quelle che sono state trovate. Certamente, il periodo preso in esame è talmente vasto, che i miei reperti, per quanto numerosi, sono poca cosa per completare tutti i tasselli che sono già stati occupati dalle industrie. E, poi, restano le altre zone d'Europa e gli altri continenti dove non sono state fatte ricerche.
Per la scienza ufficiale, ovviamente, il problema non è risolto, in quanto esso non esiste .
Si fanno ricerche per cercare la vita su altri pianeti; si fanno ricerche (c'è quasi una gara) per cercare l'anello mancante uomo-"scimmia"; si fanno ricerche per estendere la conoscenza della vita materiale dell'uomo paleolitico nei tempi più antichi, e quindi, è bene che si cominci a fare ricerca sulle origini dell'arte, e di conseguenza sulla vita spirituale dell'uomo del Paleolitico inferiore.
Da 40 anni a questa parte gli scritti che ho letto sulla vita spirituale dell'uomo del Paleolitico inferiore, si basano sulle mandibole dell'Eurantropo, dell'Atlantropo, del Sinantropo e su qualche altro pezzo di teschio, per un parallelismo etnografico con riti funerari dell'attuale Homo sapiens sapiens.
L'arte allarga i confini della vita spirituale dell'uomo del Paleolitico inferiore equiparandolo a Homo sapiens sapiens, anche se a un livello culturale inferiore.
L'ARTE DEVE ESSERE GESTITA DAI PALETNOLOGI
Il reperimento delle sculture del Paleolitico inferiore e medio è molto affine al reperimento degli utensili, in quanto è necessaria la conoscenza. Chi non ha conoscenza non può riuscire a reperire né utensili, né sculture.
Per avviare la ricerca sull'arte del Paleolitico inferiore e medio, e quindi lo studio sulle origini, è necessario che il paletnologo si gestisca lo studio dell'arte che ha trovato, e che siano i paletnologi a riassumere queste ricerche in ordine cronologico e di distribuzione geografica, esattamente come è stato fatto per le industrie.
In paleoantropologia, chi trova il reperto scheletrico se lo studia direttamente, e sono i paleoantropologi che studiano l'evoluzione dei reperti, noncuranti degli aspetti spirituali.
Per lo studio dell'arte del Paleolitico inferiore e medio è necessario scindere le componenti materiali, cioè visibili, dalle componenti spirituali, cioè invisibili.
L'uso dei manufatti è una componente invisibile, che si può considerare "spirituale" nell'uso della scultura, in quanto è un rito, e "non spirituale" nell'uso degli utensili, per tagliare,raschiare, ecc.
Ovviamente se una scultura viene reperita sopra uno scheletro si deve tenere conto che il rito era funerario, e questo interessa gli aspetti spirituali, che vanno tenuti in alta considerazione, ma che non possono essere inseriti in studi statistici unitamente alle componenti materiali. Così pure, per ciò che le raffigurazioni rappresentano nel culto; e qui occorrono parallelismi storici ed etnografici con raffigurazioni simili di cui conosciamo il significato, come le sculture antropomorfe bifronti e i vari tipi di sculture zooantropomorfe, che indipendentemente dal grado di qualità, sono simili nel Paleolitico e nelle prime civiltà storiche del Mediterraneo antico.
Le componenti materiali sono la tecnica di lavorazione e la scelta del materiale, che sono comuni agli utensili. Le altre componenti sono la raffigurazione antropomorfa, zoomorfa o zooantropomorfa, e la deformazione stilistica.
La scultura antropomorfa raffigura la testa di molti tipi umani, che variano in ogni fase culturale.
La deformazione stilistica è il vero linguaggio dell'arte che riflette la "moda" di un determinato periodo. La scultura di una testa può essere deformata al massimo per allungamento, ma si capisce se si tratta di un uomo o di un mammifero; mentre nelle medie deformazioni stilistiche si capisce sempre il tipo umano, cioè se è un neanderthaliano arcaico o recente, oppure un sapiens sapiens.
La gamma delle deformazioni stilistiche è molto ampia, come nell'arte di tutti i tempi storici e di tutto il mondo.
Le sculture antropomorfe con minor deformazione stilistica sono proporzionate al reale, con chiara raffigurazione del tipo umano, che nella ricerca scientifica ha la duplice utilità di dare una cronologia alla scultura sulla base della datazione dei reperti scheletrici, e nel contempo di fornire immagini alla paleoantropologia che l'uomo paleolitico ha fatto di se stesso.
L'arte del Paleolitico inferiore e medio va cercata ed ogni posto può essere buono oppure cattivo.
L'arte non si trova nei luoghi di abitazione, ma in quelli di culto.
Per il Paleolitico medio, nelle zone di media montagna, dei raggruppamenti di sculture fanno presumere la collocazione in luoghi di culto. Nel Paleolitico inferiore dove le sculture presentano spesso segni di trasporto alluvionale, è assai difficile stabilire i luoghi di culto; comunque, nei luoghi di abitazione scavati la scultura non esiste.
I periodi più antichi, appunto il Paleolitico inferiore e medio, sono i più sicuri per le attribuzioni culturali dell'arte, e quindi per la loro datazione.
Nei periodi più recenti del Paleolitico e della protostoria, è molto più difficile datare le opere d'arte.
Circa 15 anni fa l'UNESCO ha fatto un censimento dei dipinti paleolitici in grotta e delle incisioni rupestri protostoriche di tutto il mondo, contandone 20 milioni.
Tutte queste opere sono in luoghi di culto, e nella maggior parte non si conoscono neppure gli insediamenti umani, cioè non si sa chi le ha fatte. Le datazioni che spesso vengono fornite, in relazione alla brevità dei periodi, sono generiche attribuzioni, e quindi, in relazione, meno precise delle datazioni del Paleolitico inferiore e medio.
Concludo
e auguro buon viaggio a chi inizierà la ricerca
tanti auguri per trovare la sua prima scultura
e questo magnifico viaggio non avrà mai fine
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