PALEOLITHIC ART MAGAZINE
EUROPA
PREISTORIA O PALEOSTORIA?
Licia Filingeri
La Preistoria inizia con la fabbricazione degli utensili, circa 5.000.000 di anni fa, in quanto si intende come soglia di
Homo la fabbricazione dell'utensile extracorporeo.
La Preistoria si suddivide in Paleolitico, Mesolitico e Neolitico.
La Protostoria, che segue la Preistoria, convenzionalmente abbraccia l'età dei metalli, fino all'invenzione della
scrittura ( a seconda delle zone), tra il 3000 e il 1500 a.C, cioè fino ai tempi storici, ovvero della "storia scritta".
Essa è caratterizzata, in Europa, dalla presenza di sistemi sociali complessi, ma ancora sostanzialmente preistorici, parallelamente alle prime civiltà mediterranee.
In Italia, lo studio di questa fase viene denominato Paletnologia. In particolare, la Paletnologia studia le interazioni
fra caratteri biologici e "culturali" delle comunità umane che si sono succedute nel tempo.
Ritengo che il termine Preistoria ( dal prefisso latino prae, che indica anteriorità), inteso come
suddivisione temporale della Storia ( che convenzionalmente inizia con la scrittura), sia da considerarsi obsoleto,
in quanto viene a significare, secondo vecchie classificazioni, "antecedente alla storia".
La ricostruzione degli avvenimenti preistorici, non esistendo documentazione scritta, avviene in base a una serie di
deduzioni sviluppatesi dallo studio dei reperti sino ad oggi ritrovati (fossili, strumenti, resti di abitazioni e di
luoghi di culto, arte, e così via).
Ritengo pertanto più appropriato il termine Paleostoria, fino ad ora usato con riferimento alla storia dell'uomo a
partire dall'età dei metalli, suddivisione anch'essa tuttavia artificiale, come la maggior parte delle suddivisioni,
anche se utile ai fini di un più rapido orientamento nel tempo.
Già Poincaré aveva avanzato l'ipotesi che, in campo scientifico, spesso la scelta tra i diversi punti di vista viene fatta
solo in base all'utilità, e questo determina il valore della scienza.
D'altronde, in quasi tutte le scienze, quello che è determinante è proprio il valore d'uso.
Non si tratta quindi di difendere un criterio di verità assoluta: anche la verità scientifica va pensata in termini di probabilità: la scienza si muove anch'essa in un campo fenomenologico, non vi sono dunque verità assolute.
Tutto ciò che riguarda l'uomo (quindi la cultura in senso lato, differenziantesi dalla natura) costituisce oggetto della storia. E nessuno oggi vorrà più dubitare che , fin dalle sue origini, l'uomo è stato creatore di cultura.
L' equivoco a mio parere nasce dal fatto che il significato della parola storia è ambiguo, venendo a connotare sia la
totalità dei fatti che la loro conoscenza, e quindi la loro narrazione.
Sicchè anche il Paleolitico fa parte della Storia.
Se vogliamo individuare meglio di che periodo di storia si tratta,
potremo dire che esso connota la Paleostoria dell'Uomo.
Il termine Preistoria è stato introdotto con decisione nell'uso nella seconda metà dell'800, quando è nata la disciplina
che studia appunto le prime vicende dell'umanità , ma precedentemente, già Leonardo da Vinci si era interrogato sull'origine
organica dei fossili, fnchè le voci in tal senso si erano infittite.
Dopo le audaci osservazioni tenute in una
serie di conferenze dal 1575 al 1584, da colui che è stato soprannominato il Leonardo da Vinci francese,
Bernard Palissy ( 1580 Discours admirables des eaux et
des fontaines ), che gli valsero l'accusa di eresia, già alla fine del 600, da più parti si parlava di epoca del
diluvio, tentando alcuni di mettere d'accordo i racconti della Genesi con le prime, incontrovertibili scoperte
scientifiche
nel campo delle scienze naturali, e più precisamente della geologia
(Thomas Burnet,1681, Telluris Theoria Sacra) , mentre altri si muovevano nel campo scientifico con maggior
libertà interiore: Robert Hooke in Inghilterra; e il danese
Niels Steensen , il padre della moderna
paleontologia ( col suo De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus ,1669).
Nel '700 gli studi proseguirono, ad opera di
James Hutton , considerato il padre della geologia (1795, Theory of the Earth with Proofs and Illustrations
),poi di William Smith , poi di Cuvier , agli albori dell'800, con le straordinarie Recherches sur les ossements
fossiles des quadrupè,des, che portarono all'uso del termine Diluvium per designare terreni superficiali
dell'era terziaria.
In questa atmosfera di grande ricerca e di grandi dibattiti ( come quelli che videro schierati su campi opposti Cuvier,
Lamarck e
Geoffroy Saint-Hilaire),
si inserisce la voce di colui che sarà poi universalmente riconosciuto come il padre della preistoria: il francese
Jacques Boucher de Perthes, che si battè all'Accademia di Parigi per fare accettare l'idea
di un uomo antidiluviano (1839, De la Création) di cui già si parlava, sia pure facendo le più improbabili ipotesi,
come quella di
J.-J.Scheuchzer, che nel 1725 parlava dell'Homo diluvii testis; in realtà , si trattava dello scheletro di una salamandra gigante, ma questo verrà provato solo dalla scoperta del 1848 a Forbes' Quarry ( Gibraltar).
Venne poi la scoperta della selce tagliata dall'uomo antidiluviano, segnalata da più parti, ma la cui affermazione si
deve all'opera appassionata di Boucher de Perthes che culminò con la pubblicazione, a partire dal 1847, dei tre ponderosi
volumi delle Antiquités celtiques et antédiluviennes(Fig.1)
Fig.1 Instrumens en pierre. Haches celtiques
Industrie primitive disegnate da Boucher de Perthes
Antiquités celtiques et ant´diluviennes
Mentre quello di storia a me sembra indubitabilmente un concetto, in quanto "concetto concreto", direbbe
Benedetto Croce, essenza stessa della realtà , quello di preistoria mi sembra uno pseudoconcetto, di cui ci si serve a fini eminentemente di comodità , per indicare con una parola convenzionalmente accettata un insieme di contenuti universali estremamente ricchi e complessi che, in ultima analisi, fanno anch'essi parte della Storia.
La storia è la dell'uomo, lo studio di una realt&aegrave; temporale, un flusso continuo anche se scandito da passato,
presente e futuro, di cui siamo il prodotto, anche se tale realtà è ormai lontanissima temporalmente. Ma la nostra coscienza, la coscienza di essere umani, fin dai primordi, in qualche modo ci dà una padronanza su questa storia, sulla storia.
Quando le testimonianze dirette scarseggiano, o non sono chiaramente intelligibili ( resti del passato, o anche lingue "morte" di cui non si è ancora scoperta la chiave), è necessario un processo di identificazione in quel lontano vissuto per poter inferire e capire avvenimenti che, essendo umani, non possono esserci estranei nè incomprensibili.
Occorre anche uno sforzo di fantasia per comprendere l'incomprensibile, cioè avere la libertà di formulare ipotesi anche di tipo affettivo, al di là delle singole specializzazioni, che oggi non circoscrivono più nemmeno le "scienze esatte": per capire.
Tuttavia, lo storico ha pure una grande responsabilità :quella di organizzare conoscenze e avvenimenti, il che implica una scelta, e scegliere significa anche scartare, o fingere di non vedere, per tante ragioni: in tal modo, è possibile che lo storico, nella sua ricostruzione, non sia obiettivo, specie quando ha già in mente "quello che vuole narrare, le conclusioni cui vuole arrivare". Allora non si tratta più di ricerca e conoscenza, ma di validare dei dati già fissati à.
Quando si parla di origini dell'uomo, la mia impressione è che sia in parte così . È scomodo rimettere in discussione tante cose, ormai
date per acquisite e intoccabili. La storia stessa della Scienza, cui si è appena fatto cenno, ce lo mostra con dovizia
Lo storico, a mio parere, dovrebbe limitarsi ad osservare e raccogliere indizi, senza, direbbe
Bion, " memoria e
desiderio", cogliendo dapprima dei nessi causali nella successione degli avvenimenti,che non si susseguono certo
linearmente, ma sono dati dall'intersecarsi di diversi piani, tecnici, ma anche artistici, spirituali ( scienza e
tecnica permettono di soddisfare dei bisogni, ma sono anche opera dello spirito), e, solo dopo aver raccolto altre prove
e aver inferito con la sua umanità, solo allora potrebbe formulare delle ipotesi ricostruttive del passato.
Non è quindi indispensabile disporre di documenti scritti, per ricostruire la storia.
La storia è comunque
ricostruzione dei resti del passato nella cornice di appartenenza, in cui tutto assume significato e naturale,
appropriata collocazione.
Nello scorrere dell'umanità, da sempre il progresso si è avuto in base a nuove invenzioni tecniche, anch'esse opera
dello spirito umano, ad esso dirette, e che divengono patrimonio per le generazioni successive,imprescindibile base per
un continuo, ininterrotto progredire. Ricostruendo la storia delle invenzioni tecniche , applicate al regno della scienza
come a quello dell'arte, scopriamo, anche senza bisogno di documenti scritti, delle ben precise finalità di comportamento,
quindi delle persone capaci di autonomia,in una parola, l'umanità.
Da sempre.
Quindi la storia inizia col primo
uomo, il geniale fabbricatore di utensili e di arte, nel Paleolitico.
È già Storia a tutti gli effetti, chi può negarlo?
L'uomo, che non ha presumibilmente scrittura (almeno, noi non
l'abbiamo ancora individuata nè decifrata, anche se si comincia a scoprire che, ad esempio, esistevano nelle grotte,
accanto alle grandiose pitture di caccia, complesse mappe lunari), conserva ogni cosa nella sua memoria: non può essere
differentemente, poichè la memoria nasce con l'uomo stesso, col riflettere su di sè e sul proprio divenire, oltre che sugli
accadimenti esterni. Una prova? I primi calendari del Paleolitico, scoperti da Marschack. E si sa che la coscienza del tempo
presuppone la memoria.
La temporalità, come temporalizzazione del dasein, è il sine qua non della nozione
stessa di storia. La storia è una costruzione in funzione di un progetto. Quindi, da sempre esiste la storia.
Indubbiamente, la ricostruzione della storia, come narrazione del divenire passato, non ricerca archeologica di oggetti,
deve far leva su criteri oggettivi critici riguardo ai "documenti" che esamina, valendosi delle tradizionali scienze ausiliarie
(tra cui, nel nostro caso, dell'archeologia, oltre che dei vari criteri di datazione e di analisi dei suoli e così via),
di scienze comparative, come l'etnografia,
ma anche di criteri squisitamente umani, relativi soprattutto al senso di quanto scopre.
Anche la psicologia può quindi dare il suo apporto per una comprensione più piena del divenire dell'uomo, dai suoi primordi.
È in ogni caso opportuno fondarsi su evidenze, chiare, distinte e oggettive, come diceva Platone, cioè universalmente valide,
più che su adamantine certezze: le certezze spesso bloccano ogni ulteriore progresso del pensiero, e quindi della conoscenza,
mentre le evidenze permettono di proseguire sulla via della conoscenza, formulando nuove ipotesi.
Sappiamo che l'errore stesso sta
alla base di ogni conoscenza, naturalmente, se esso diviene fattore di esperienza: come ricorda Bion, è necessario apprendere dall'esperienza.
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