PALEOLITHIC ART MAGAZINE
LIGURIA
L'ABBIGLIAMENTO NELLE "VENERI" DI LIGURIA, AUSTRIA E MESSICO
Pietro Gaietto
L'abbigliamento nelle "veneri" messicane ed europee è molto scarso in quanto si tratta di raffigurazioni di "nudi".
Il "nudo" femminile ha sempre eccitato la fantasia del maschio, infatti è presente nell'arte di tutti i tempi, e oggi, più
che mai in fotografia attraverso i media.
Le prime sculturine femminili paleolitiche, che vennero scoperte, ebbero il nome di "veneri", in quanto si pensava
(a mio avviso giustamente) che corrispondessero all'
ideale femminile del tempo.
Pochi anni dopo, queste sculturine,
sono state considerate veri e propri "idoli" per il culto della fecondità, ma il nome "veneri" è rimasto.
Successivamente ci sono state altre opinioni, che hanno collegato le "veneri" paleolitiche all'
origine della dea madre
post - paleolitica.
La dea madre è quasi sempre vestita; è seduta; qualche volta mostra il seno; in determinate zone è
seduta col figlio morto sulle ginocchia. C' è anche chi ha voluto fare un filo diretto tra le raffigurazioni della dea madre, e quelle della Madonna seduta con Cristo morto sulle ginocchia.
A mio avviso questo concetto di evoluzione in linea diretta nella raffigurazione della donna, dal Paleolitico ai tempi
storici, è troppo semplicistico, in quanto, in questo percorso vi è stato un continuo mutamento nelle religioni,
con differenziazioni locali di ogni popolo, e se un popolo diventava più potente di un altro, gli imponeva la propria
religione, quindi vi è stata una continua trasformazione, diversa da territorio a territorio.
Le divinità hanno sempre avuto una funzione pratica in campo spirituale.
La dea madre seduta che abbraccia il figlio morto (rappresenta il giovane guerriero morto), si aggiunge ad altre divinità,
tra cui quella della "fecondità", che certamente le è precedente.
La funzione propiziatoria nel culto della fecondità è una componente delle religioni di ciascun popolo, ed è sempre
raffigurata nell'
arte in modo diverso presso ogni popolo.
Per esempio, nell'Antico Egitto la Dea Thueris (che ho
classificato in arte tra gli "animali umanizzati") aveva testa di ippopotamo e corpo verticale umano con grande pancia,
ed era una divinità popolare molto venerata dalle gestanti, ed è tutt'
oggi considerata dagli archeologi una delle divinità
più antiche.
La Dea Thueris non era bella, e non aveva attributi del sesso femminile.
Le "veneri" messicane
(Figg. 1, 2, 3) e le "veneri" paleolitiche europee (Figg. 4, 5, 6) hanno spiccati attributi del sesso femminile, che si può
ipotizzare avessero più efficacia nella sfera erotica, che non in quella della fecondità per le gestanti.
Non dimentichiamo che l'
uomo del Paleolitico superiore che scolpiva i nudi femminili era un Homo sapiens sapiens come noi,
ma questo vale anche per Homo sapiens neanderthalensis.
Gli Aborigeni australiani erano in uno stadio culturale simile a quello del Paleolitico superiore europeo, e tra gli
aborigeni che si sono inseriti nella nostra civiltà, studiando, ci sono anche quelli che comperano riviste pornografiche
con nudi femminili.
Sappiamo che la Dea Thueris era una divinità popolare molto amata dalle gestanti, in quanto la notizia è stata scritta
dagli stessi Egizi; mentre per la funzione propiziatoria della fecondità delle "veneri" paleolitiche non ci sono
testimonianze, quindi siamo ancora a livello di supposizione.
Nelle "veneri" paleolitiche europee l'
attribuzione (religiosa) che la collega al culto della fecondità, comunque, non è in
contrasto con l'
attribuzione erotica, in quanto questi nudi potevano benissimo eccitare la fantasia del maschio.
Nelle chiese cristiane, con arte barocca, i dipinti abbondano di nudi, anche con forte sensualità, eppure sono tutti
soggetti religiosi. Addirittura, i nudi di Michelangelo del Giudizio Universale nella Cappella Sistina , a Roma,
erano stati velati con panneggi ad hoc, come evidente dal recente restauro.
Prima di analizzare l'
abbigliamento del nudo, analizziamo il nudo.
Le "veneri" paleolitiche europee (Figg. 4, 5, 6) hanno un forte erotismo, in quanto tutti gli attributi del sesso sono
evidenziati, e la donna è raffigurata nella giusta età per l'attività sessuale, e questo non disgiunto da uno stile
artistico "realistico".
Le "veneri" di Tlatilco (Messico) (Figg. 1, 2, 3) sono nude, e l'
erotismo è appena accennato; sembrano nudi di bambine.
Lo stile di raffigurazione del corpo non è "realistico", ma ha un'elaborazione armoniosa, in quanto il corpo nudo non
corrisponde al reale, come nelle "veneri" paleolitiche europee, ma è inventato.
Le "veneri" di Tlatilco, come quelle europee, non hanno né mani né piedi; però hanno le gambe aperte e un po'
di
braccia; non è stato possibile farle interamente con la ceramica, e sarebbe stato difficile farlo nel Paleolitico lavorando
la pietra dura.
La "venere" di Willendorf (Austria) (Fig. 6) essendo scolpita su pietra tenera raffigura le braccia
sottilissime ripiegate sul petto.
Le "veneri" di Savignano e dei Balzi Rossi non hanno neanche un accenno di braccia.
Le "veneri" di Tlatilco hanno il volto completo di occhi, naso e bocca, che tuttavia non è un volto in stile realistico,
ma inventato, cioè realizzato in uno stile di moda in quel tempo.
Tra le "veneri" paleolitiche, l'
unica che ha il volto (profilo laterale) è quella dei Balzi Rossi (Fig. 4) (altezza cm 6), in cui non sono presenti bocca e occhi, e non sarebbe stato possibile farli data la piccolissima dimensione della scultura.
Quella di Savignano (Fig. 5) (altezza cm 22) non ha il volto.
Neppure quella di Willendorf (Fig.6) (altezza cm 11) ha il volto.
L'
abbigliamento di tutte queste "veneri" , messicane ed europee, è costituito da copricapi e capigliature. Le "veneri"
messicane hanno le collane, mentre quelle europee non le
hanno, certamente per motivi tecnici di raffigurazione, ma nel
Paleolitico superiore le collane esistevano già, in quanto le abbiamo trovate.
Le "veneri" europee e quelle di Tlatilco non sono accomunate soltanto dall'
avere tutte copricapi e capigliature, ma anche
dall'
averne due tipi simili.
Vediamo le affinità tra questi due tipi di acconciature.
Il tipo probabilmente più antico è una capigliatura a cono, che si riscontra nella "venere" dei Balzi Rossi (Fig. 4) e nella "venere" di Savignano (Fig. 5).
Fig.4 Venere dei Balzi Rossi
Fig.5 Venere di Savignano
in quanto queste due statuine sono attribuite ad Homo sapiens neanderthalensis
(sia nel Paleolitico medio, che nel Paleolitico superiore).
Questo tipo di capigliatura, che viene anche interpretato come un cappuccio, è presente anche in
sculture di teste
senza il corpo del Paleolitico Medio della Liguria.
Le componenti dell'opera d'arte,
la composizione nella raffigurazione sono sempre ad opera di Homo sapiens
neanderthalensis.
(Vedi
su queste problematiche il
Museo delle Origini dell'
Uomo).
La capigliatura a cono è presente nella "venere" di Tlatilco (Fig. 1) (altezza cm 6), e anche in quella bifronte di Tlatilco
(Fig. 3) (altezza cm 11).
Fig. 1 Disegno di statuina in ceramica
Fig.3 Disegno di statuina in ceramica
Devo evidenziare che queste capigliature sono più
realistiche
dei volti; infatti, mentre i volti sono "inventati", in quanto avrebbero potuto essere fatti in cento stili diversi,
la capigliatura è realizzata in modo realistico, cioè imitativo.
I volti non vogliono essere un ritratto del vero, mentre le capigliature sono imitate scrupolosamente, per quanto
la lavorazione di modellazione della ceramica può permettere su statuine di pochi centimetri.
Il mio può sembrare un eccesso di analisi, ma dobbiamo considerare che volto e capigliatura sono due raffigurazioni
distinte.
Nel Paleolitico superiore europeo c'
era una evidente distinzione, in quanto il volto non era rappresentato, ed era
raffigurata solo la capigliatura. Ne consegue che l'acconciatura era più importante del volto.
(è necessario vedere nel sito Internet del Museo di Antropologia di Città del Messico, o in altri siti,
le statuine di Tlatilco, in quanto i disegni sono insufficienti nell'
evidenziare le differenze di raffigurazione
tra i volti e le capigliature).
Ricordo che le statuine di Tlatilco risalgono al 1.100 - 500 a. C.
Il secondo tipo di capigliatura si riscontra nella "venere" bifronte di Tlatilco (Fig. 2) e in quella di Willendorf (Fig. 6).
Fig.2 Disegno di statuina in ceramica
Fig.6 "Venere"di Willendorf
Questo tipo di capigliatura segue la forma della calotta cranica, e non è appuntita, cioè a cono.
Nel Paleolitico superiore i due tipi di capigliature erano presenti contemporaneamente ai Balzi Rossi,
anche se probabilmente hanno due differenti origini, e quindi due diverse tradizioni.
La capigliatura a cono si riscontra nella "venere" (Fig. 4) e quella senza cono nella
testa bifronte (Fig. 7).
Fig.7 Testa bifronte dei Balzi Rossi
Homo Sapiens Neanderthalensis - Homo sapiens Sapiens
La scultura (Fig. 7) (altezza cm 4) è conservata nel Museo delle Antichità di Saint - Germain - en - Laye (Parigi).
È considerata una "testina di negroide". (Vecchia denominazione che deriva da sepolture di Homo sapiens sapiens,
trovate ai Balzi Rossi, quando questi erano considerati dei "negroidi"). La mia interpretazione di questa piccola scultura,
invece, è che sia bifronte, e nella testa di sinistra rappresenti una femmina di Homo sapiens neanderthalensis,
mentre a destra una testa di Homo sapiens sapiens, ma che questo sia maschio o femmina, non posso asserirlo.
La testa della donna neandertaliana ha una pettinatura alla "nubiana", che si riscontra anche nella "venere" di
Brassempouy, mentre la testa abbinata di Homo sapiens sapiens, non è chiaro che tipo di pettinatura abbia, ma
sembra abbia folti capelli sulla fronte.
Le acconciature senza cono, comunque, sono di due tipi : alla "nubiana", che poteva anche essere una rete sui capelli, e
l'
acconciatura come quella della "venere" di Willendorf, che potrebbe essere un copricapo, parziale o totale, di conchiglie forate.
Ad avvalorare questa supposizione è una cuffia di conchiglie sulla testa del "Giovane principe" delle Arene Candide
(Finale Ligure,Italia), i cui poveri resti sono conservati nel Museo Archeologico di Genova. Infine, non è da escludere
che fossero capelli semplicemente pettinati, anche se pettini, in quella fase del Paleolitico, non se ne conoscono.
La "venere" bifronte di Tlatilco (Fig.2) si distingue dalle altre due qui pubblicate (Figg. 1 e 3) per avere una
capigliatura senza cono; in questo caso è immaginabile che il pettine fosse già di uso comune.
Concludo senza concludere, in quanto le linee dell'evoluzione non hanno né un'origine, né una fine. Ciò che conta,
per noi, sono i percorsi dell'
evoluzione, sui reperti che si conoscono.
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